Come si organizza il processo di selezione e dove si spostano gli investimenti. Due indagini a confronto.
Le aziende cambiano la prospettiva e scelgono di sviluppare nuovi canali di recruiting. I dati di due indagini, quella di GIDP sul punto di vista degli HR e la Recent Graduate Survey sui neolaureati, danno il quadro dei cambiamenti in corso.
Siti specializzati e social network vincono sulle università
Crolla l’utilizzo del canale degli uffici placement delle università per trovare i neolaureati. Lo registra l’ultima indagine GIDP che ha intervistato i direttori HR sui neolaureati e il loro inserimento all’interno del mondo del lavoro.
L’utilizzo degli uffici placement è passato dal 58% del 2011 al 44,26% del 2012. Il dato trova conferma anche dalla Recent Graduate Survey (RGS) – promossa da Cesop Communication – che ha ascoltato le voci di 2.500 neodottori: secondo il 46,6% è, infatti, inefficiente il collegamento università-mondo delle imprese.
Se il canale università non se la passa bene, c’è comunque chi sta peggio. Parliamo dell’utilizzo della carta stampata per gli annunci di lavoro: le aziende intervistate dichiarano di non utilizzare più questo strumento, mentre solo cinque anni fa un 7% reclutava attraverso le pagine dei quotidiani. Un segno dei tempi, visto che i giovani per primi comprano sempre meno giornali. Allora dove si rivolgono energie e investimenti? Intanto, verso i siti internet specializzati (9,74%) che consentono di puntare dritti ai proattivi e in alcuni casi addirittura di parlare solo con il proprio target di riferimento. Poi i social network, dove la fa da padrone LinkedIn, considerato innanzitutto un buono strumento per avere maggiori informazioni sui candidati e per confrontare quanto dichiarato nel Curriculum inviato all’azienda con ciò che viene messo online.
Stage, passaggio necessario
Nel processo di inserimento di nuove risorse, lo stage è sempre più considerato la strada privilegiata per l’assunzione: l’88,7% delle aziende lo prevede prima di procedere con l’assunzione. Anche i giovani lo considerano ormai un periodo necessario per conoscere l’azienda e per capire se sono “tagliati” per il lavoro proposto. Non solo, ma alla domanda dell’RGS “Pur di entrare nell’azienda che ti interessa, accetteresti un tipo di lavoro non conforme alle tue aspettative?” la quasi totalità ha risposto si, anche se il 68% ha specificato di accettare solo per un tempo limitato.
Veniamo alle tipologie di rimborsi mediamente previsti per i periodi di stage. L’indagine GIDP sugli HR ha rilevato che il 45% delle aziende riconosce un rimborso spese e i buoni pasto e il 33% abbina al rimborso spese la possibilità di usufruire della mensa aziendale. Entrando nel dettaglio, il rimborso spese è, nel 30% dei casi compreso tra 500 e 600 Euro, nel 25% del casi tra i 400 e i 500 Euro e solo nel 3% dei casi supera i 1000 Euro, dati leggermente in calo rispetto a quelli del 2011 quando più del 30% delle aziende prevedeva rimborsi spese compresi tre i 600 e i 700 Euro.
Quanto tempo costa una risorsa
Fondamentale per valutare l’approccio delle aziende nei confronti dei neolaureati è il tempo che sono disposte a dedicare alla loro ricerca: quasi il 40% dedica fino a un mese di tempo per trovare la persona giusta, il 32% dedica fino a 3 mesi e ben il 6,19% è in continua ricerca.
Oltre all’investimento temporale, la ricerca dei neolaureati richiede anche un investimento economico da parte dell’azienda: il 44,26% investe circa 500 Euro, il 27,44% da 500 a 1000 Euro e c’è un 3,54% disposto ad investire oltre 4000 Euro.
Ma cosa trovano dall’altra parte? In questi ultimi anni, complice la situazione economica e la riduzione delle opportunità di lavoro, si è constatata una maggiore concretezza nel profilo dei neolaureati. I dati emersi dalla RGS dimostrano che i giovani iniziano a lavorare fin dall’università e ciò nonostante riescono ad arrivare alla laurea prima delle precedenti generazioni. Ben il 73% di loro, infatti, ha lavorato durante l’università, per venire incontro alle spese della famiglia o per maturare esperienza.
Sono cambiati, inoltre, rispetto al passato, gli obiettivi nella ricerca del lavoro. La preferenza per il lavoro stabile ha subito un’impennata dal 2007 a oggi arrivando a superare il 68%.
Raffaella Giuri